2 agosto di trent’anni fa 1980, ore 10.25, alla stazione di Bologna scoppia l’inferno

VENERDI’ 2 LUGLIO ORE 19.00

IL GIARDINO DEI POPOLI
PRESSO QUARTIERE NAVILE
PARCO DEI GIARDINI CA’ BURA

VIA DI CORTICELLA/ARCOVEGGIO
BOLOGNA

NELLO SPAZIO DEL POPOLO VIOLA
DUE AGOSTO MILLENOVECENTOTTANTA
LA STRAGE DELLE STRAGI

2 agosto di trent’anni fa, ore 10.25, alla stazione di Bologna scoppia
l’inferno: una bomba “fascista” massacra 85 persone.

Ci racconteranno questa storia:

– Paolo Bolognesi (presidente Associazione tra le vittime della strage del 2 agosto 1980)
– Antonella Beccaria (scrittrice e giornalista)

partecipate numerosi

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Comunicazione di servizio per i clienti Banca Mediolanum

attenzione è un tentativo di phishing = truffa !!!
la banca non invia mai questo genere di comunicazioni

Comunicazione di servizio per i clienti Banca Mediolanum.
Si prega di recarsi urgentemente negli uffici della Banca Mediolanum oppure collegarsi online, per accertarsi della propria identità.
Negli ultimi giorni, la Banca Mediolanum, ha avuto comunicazioni dagli Addetti alla sicurezza informatica riguardo continui ed aggravati furti di identà, e furti di codici a danno dei clienti Banca Mediolanum.

La Banca Mediolanum si scusa per il disagio ed invita i clienti a verificare l`esatta identà recandosi in filiale oppure accedendo online
al proprio conto: qui

Copyright 2010 – Banca Mediolanum S.p.A

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SHIPMENT CODE: CPEL/OWN/9856

a new Nigerian scam, PAY ATTENTION !!!

FEDEX COURIER SERVICE,
EDO STATE,NIGERIA
WEST AFRICA.
29-06-2010.

Dear Customer!
SHIPMENT CODE: CPEL/OWN/9856
PARCEL #: EG2272

You have a parcel contaning a cheque worth Eight
Hundred Thousand Dollars [$800,000.00USD] with us at
the fedex delivery company. Your delivery charges has been paid for.
All you have to do is to re-confirm your information
with the correct mailing address and make a payment of
$220.00USD only [Two Hundred and Twenty Dollars Only]
for the security keeping fee of the said parcel.
Please reconfirm your details:

FULL NAMES:
TELEPHONE:
POSTAL ADDRESS:
CITY:
STATE:
COUNTRY:

You can reach me from my direct lines for confirmation:  +2347060471286

Best Regards
Mr. Bryan Smith
FedEx Dispatch Office

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La tartaruga

Le tartarughe sono dotate di un guscio protettivo molto resistente: la parte superiore di questa “corazza” prende il nome di “carapace”, mentre la parte inferiore prende il nome di “piastrone”. Le tessere di carapace  piastrone sono chiamati scuti.

Questo tipo di tartaruga è abbastanza comune anche se molte specie sono a rischio di estinzione.

Il WWF-Italia è impegnato nella salvaguardia e nella ricerca applicata alla conservazione delle Tartarughe marine dagli anni ottanta, quando fu avviato, in collaborazione con l’Università ‘La Sapienza’ di Roma, il primo programma nazionale su queste specie. Questa prima attività ha consentito lo sviluppo di molteplici attività a livello locale, con la promozione da semplici azioni di monitoraggio a complessi interventi e progetti di assistenza diretta su esemplari in difficoltà o recuperati dai pescatori.

http://www.wwf.it/client/render.aspx?content=0&root=644&lang=en-US

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Scopa e paletta per la maxi-cacca di McCarthy

E’ una storia vera, che dire….
ma che Artisti, ma che burla !!


Opera esposta alla Biennale di Carrara completata nottetempo da ignoti
CARRARA (MASSA CARRARA) – Una mega scopa e una paletta di ferro alta due metri sono state piazzate nottetempo davanti alla maxi-cacca di Paul McCarthy, uno delle opere piu’ discusse della Biennale internazionale di scultura che e’ stata inaugurata stamani a Carrara.

Il maxi-escremento, realizzato in travertino di Rapolano (Siena), e’ stato piazzato in corso Roma davanti alla sede centrale della Cassa di Risparmio di Carrara. L’artista statunitense l’ha voluto collocare davanti ad una banca per “combattere il capitalismo”, come ha detto lui stesso nei giorni scorsi.

Gli operai del Comune sono subito intervenuti e hanno rimosso il maxi spazzolone e la paletta che nelle intenzioni dei ‘provocatori’ notturni sarebbero dovute essere utilizzate idealmente per rimuovere la grande cacca.

fonte ANSA Ultimo aggiornamento: 26/06/2010

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Sentenza 11 dicembre 2008 – 10 marzo 2009, n. 10535

Sequestro di Forum e legge sulla Stampa

Suprema Corte di Cassazione – Sezione Terza Penale

Sentenza 11 dicembre 2008 – 10 marzo 2009,  n. 10535
Pres. Dott. Vitalone – Rel. Dott. Franco
Ricorrente Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori)

Svolgimento del processo

Con ordinanza 25 ottobre 2007 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania respinse la richiesta dell’Aduc di revoca del sequestro preventivo di alcune pagine web di sua proprietà disposto il 20.11.2007 in relazione al reato di cui all’art. 403 cod. pen.

Il tribunale del riesame di Catania, con l’ordinanza in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello dell’Aduc, revocò il sequestro previa rimozione sul sito internet dell’Aduc delle espressioni e dei messaggi oggetto dei reati contestati, inibendone l’ulteriore diffusione.

L’Aduc propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza dell’art. 21, comma 6, Cost. e illegittimità del sequestro preventivo poiché non attiene a reati contro il buon costume. Osserva che l’art. 21, comma 6, Cost. consente la limitazione dell’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero nei soli casi di manifestazioni contrarie al buon costume.

2) inosservanza dell’art. 21, comma 6, Cost. e illegittimità del sequestro preventivo perché l’offesa ad una confessione religiosa non è contraria al buon costume.

3) erronea applicazione dell’art. 403 cod. pen. per erronea individuazione del bene giuridico protetto dalla norma. Osserva che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, non c’è offesa se non vengono individuati i singoli individui, soggetti passivi della norma e portatori del bene giuridico da essa tutelato.

4) erronea applicazione dell’art. 21, comma 3, Cost. ed erronea individuazione dell’ambito applicativo del divieto di sequestro ivi previsto. Erronea interpretazione restrittiva del concetto di stampa che esclude l’informazione non ufficiale.

Motivi della decisione

Il primo motivo è inammissibile perché consiste in una censura nuova non dedotta con l’appello, e che non può quindi essere proposta per la prima volta in questa sede di legittimità. Il motivo è comunque manifestamente infondato perché l’art. 21, comma 6, Cost. vieta direttamente «le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume», disponendo altresì che «la legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni», ma non ha inteso dire che un comportamento, costituente manifestazione del pensiero, possa essere dalla legge vietato e previsto come reato esclusivamente quando sia contrario al buon costume, e non anche quando sia lesivo di altri beni ritenuti meritevoli di tutela, sebbene non lesivo del buon costume.

Se così non fosse, del resto, dovrebbe ritenersi che i reati di ingiuria e diffamazione non sarebbero legittimi quando colpiscano comportamenti lesivi solo dell’onore e della reputazione delle persone, e non anche del buon costume.

Per le stesse ragioni è inammissibile, sia perché nuovo sia perché manifestamente infondato, anche il secondo motivo. Con l’atto di appello, invero, non era stato dedotto che il sequestro in questione era illegittimo perché le frasi contestate non erano suscettibili di offendere il buon costume inteso come pudore sessuale della collettività. Né tale doglianza può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità solo perché l’ordinanza impugnata ha osservato che alcune delle frasi incriminate, oltre ad avere offeso la religione cattolica mediante il vilipendio dei suoi fedeli e dei suoi ministri, avevano travalicato i limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il «sacro seme del cattolicesimo».

In ogni caso il motivo è manifestamente infondato perché l’art. 21, comma 6, Cost. non limita la possibilità della legge di prevedere, in caso di reato, il sequestro di cose che rappresentino manifestazioni del pensiero soltanto quando queste siano lesive del pudore sessuale.

Il terzo motivo è infondato perché esattamente il tribunale del riesame ha ritenuto che per la configurabilità del reato di cui all’art. 403 cod. pen. non occorre che le espressioni di vilipendio debbano essere rivolte a fedeli ben determinati, ben potendo invece, come nella specie, essere genericamente riferite alla indistinta generalità dei fedeli.

La norma invero protegge il sentimento religioso di per sé, sanzionando le pubbliche offese verso lo stesso attuate mediante vilipendio dei fedeli di una confessione religiosa o dei suoi ministri.

Opportunamente, invero, l’ordinanza impugnata ha ricordato la sent. n. 188 del 1975 della Corte costituzionale, la quale affermò che «il sentimento religioso, quale vive nell’intimo della coscienza individuale e si estende anche a gruppi più o meno numerosi di persone legate tra loro dal vincolo della professione di una fede comune, è da considerare tra i beni costituzionalmente rilevanti, come risulta coordinando gli artt. 2, 8 e 19 Cost., ed è indirettamente confermato anche dal primo comma dell’art. 3 e dall’art. 20.

Perciò il vilipendio di una religione, tanto più se posto in essere attraverso il vilipendio di coloro che la professano o di un ministro del culto rispettivo, come nell’ipotesi dell’art. 403 cod. pen., che qui interessa, legittimamente può limitare l’ambito di operatività dell’art. 21: sempre che, beninteso, la figura della condotta vilipendiosa sia circoscritta entro i giusti confini, segnati, per un verso, dallo stesso significato etimologico della parola (che vuol dire “tenere a vile”, e quindi additare al pubblico disprezzo o dileggio), e per altro verso, dalla esigenza di rendere compatibile la tutela penale accordata al bene protetto dalla norma in questione con la più ampia libertà di manifestazione del proprio pensiero in materia religiosa», e che «il vilipendio, dunque, non si confonde né con la discussione su temi religiosi, così a livello scientifico come a livello divulgativo, né con la critica e la confutazione pur se vivacemente polemica; né con l’espressione di radicale dissenso da ogni concezione richiamantesi a valori religiosi trascendenti, in nome di ideologie immanentistiche o positivistiche od altre che siano. Sono, invece, vilipendio, e pertanto esclusi dalla garanzia dell’art. 21 (e dell’art. 19), la contumelia, lo scherno, l’offesa, per dir così, fine a sé stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato».

D’altra parte, anche la recente sent. n. 168 del 2005 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 403 cod. pen. nella parte in cui prevede, per le offese alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto, la pena della reclusione rispettivamente fino a due anni e da uno a tre anni, anziché la pena diminuita stabilita dall’art. 406 dello stesso codice) ha fatto espresso riferimento alle «esigenze costituzionali di eguale protezione del sentimento religioso che sottostanno alla equiparazione del trattamento sanzionatorio per le offese recate sia alla religione cattolica, sia alle altre confessioni religiose», ribadendo che tutte le norme contemplate dal capo dei delitti contro il sentimento religioso «si riferiscono al medesimo bene giuridico del sentimento religioso, che l’art. 403 cod. pen. tutela in caso di offese recate alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto».

Del resto, anche qualora potesse accogliersi la tesi del ricorrente secondo cui il bene tutelato dalla norma non è il sentimento religioso ma la persona (fisica o giuridica) offesa in quanto appartenente ad una determinata confessione religiosa, non si vedrebbe perché questa tesi dovrebbe comportare che, per aversi reato, il vilipendio dovrebbe rivolgersi verso determinate persone e non verso il gruppo indistinto dei fedeli di quella confessione religiosa nei cui confronti viene pubblicamente portata l’offesa.

È infine infondato anche il quarto motivo.

Va preliminarmente osservato che il tribunale del riesame ha revocato il sequestro del forum esistente nell’ambito del sito appartenente alla associazione ricorrente, lasciandolo esclusivamente sui singoli messaggi inviati da alcuni partecipanti al forum in questione, contenenti le frasi oggetto dei reati contestati.

Ciò posto, il Collegio ritiene che esattamente il tribunale del riesame ha dichiarato che nel caso di specie non trova applicazione l’art. 21, comma 3, Cost., secondo cui «Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili», dato che la concreta fattispecie in esame non rientra nella più specifica disciplina della libertà di stampa, ma solo in quella più generale di libertà di manifestazione del proprio pensiero di cui all’art. 21, comma 1, Cost.

Gli interventi dei partecipanti al forum in questione, invero, non possono essere fatti rientrare nell’ambito della nozione di stampa, neppure nel significato più esteso ricavabile dall’art. 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62, che ha esteso l’applicabilità delle disposizioni di cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (legge sulla stampa) al «prodotto editoriale», stabilendo che per tale, ai fini della legge stessa, deve intendersi anche il «prodotto realizzato … su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico».

Il semplice fatto che i messaggi e gli interventi siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum, non fa sì che il forum stesso, che è assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificato come un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica.

Si tratta quindi di una semplice area di discussione, dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole ed agli obblighi cui è soggetta la stampa (quale quello di indicazione di un direttore responsabile o di registrazione) o può giovarsi delle guarentigie in tema di sequestro che l’art. 21, comma 3, Cost. riserva soltanto alla stampa, sia pure latamente intesa, ma non genericamente a qualsiasi mezzo e strumento con cui è possibile manifestare il proprio pensiero.

D’altra parte, nel caso in esame, neppure si tratta di un forum strutturalmente inserito in una testata giornalistica diffusa per via telematica, di cui costituisca un elemento e su cui il direttore responsabile abbia la possibilità di esercitare il controllo (così come su ogni altra rubrica della testata).

Acutamente il difensore del ricorrente sostiene che la norma costituzionale dovrebbe essere interpretata in senso evolutivo per adeguarla alle nuove tecnologie sopravvenute ed ai nuovi mezzi di espressione del libero pensiero. Ma da questo assunto, non può farsi derivare che i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero (newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei, e così via) possano, tutti in blocco, solo perché tali, essere inclusi nel concetto di stampa ai sensi dell’art. 21, comma 3, Cost., prescindendo dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi.

In realtà i messaggi lasciati su un forum di discussione (che, a seconda dei casi, può essere aperto a tutti indistintamente, o a chiunque si registri con qualsiasi pseudonimo, o a chi si registri previa identificazione) sono equiparabili ai messaggi che potevano e possono essere lasciati in una bacheca (sita in un luogo pubblico, o aperto al pubblico, o privato) e, così come quest’ultimi, anche i primi sono mezzi di comunicazione del proprio pensiero o anche mezzi di comunicazione di informazioni, ma non entrano (solo in quanto tali) nel concetto di stampa, sia pure in senso ampio, e quindi ad essi non si applicano le limitazioni in tema di sequestro previste dalla norma costituzionale.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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“Saving Grace” Finale Lives Up To Show’s Name

NEW YORK (CBS) After three seasons “Saving Grace” aired its series finale on Monday night with two back-to-back episodes. The gritty TNT series, starring Oscar-winning actress Holly Hunter as Grace Hanadarko, portrayed a flawed Oklahoma cop with a dark side and a last-chance angel named Earl, played by Leon Rippy. Pictures: Holly Hunter If you came into the final episode thinking it would be a happy, uneventful send-off, think again. Officer Grace didn’t have the happy ending we had hoped for. Her journey was full circle as the series culiminated, with her finally getting the chance to rid the town of one more evil figure, even if it meant losing her life. Grace, for better or worse, dies in the final episode. Did evil win, then? Not so likely. Grace took the final step and her life’s calling in this world was fulfilled. This was her ultimate battle. She may have died trying to prevent another major terrorist plot or a mass-killing of many people, but maybe her rationale is that if she takes her life ,she can save the lives of many other people. So in the end, the show’s title lived up to the final showdown. Grace, although taking her own life, did in fact become the “Saving Grace” for the people around her. And that’s a pretty divine way to go out.

source: http://www.cbsnews.com/8301-31749_162-20008401-10391698.html

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Natural Disaster BP’s Hayward London ‘No-Show’

LONDON – BP Chief Executive Tony Hayward was a “no-show” at an oil industry meeting in London today, but his presence and the fact of the Gulf oil spill was very much present. Filling in for Hayward was BP’s Chief of Staff Steve Westwell. In his comments he called the spill “…a tragic accident with severe financial consequences and a profound impact on BP.” Those comments were interrupted by Greenpeace protestors who held an anti-BP banner declaring the “The age of oil is over!” They were promptly hustled away by security guards. That wasn’t the only sniping at BP. While generally supportive, Jay Pryor, Global Vice President of oil rival Chevron called the spill “preventable.” We asked him, if Chevron was running the rig, could the accident have been avoided. “We, of course, are competitors and our practices ARE different,” he replied, “but a number of things went wrong.” Steven Newman, President and CEO of Transocean, the owners of the Deepwater Horizon rig, was careful with our questions, too. We asked him whether he would share blame with BP for the accident. “I’m not going to apportion ‘blame’ until I see the conclusions of an investigation now being conducted.” He did not hold back, however, regarding the moratorium on drilling in the Gulf. “There are things the administration could implement today,” he told us, “that would allow the industry to go back to work tomorrow without an arbitrary six-month limit.” And as for the White House’s efforts to “piggy-back” clean energy initiatives on top of spill concerns, Newman bluntly retorted : “The Obama administration should focus on fixing the leak!” After the string of public relations blunders by Hayward, including a recent luxury yachting event, we asked BP’s Westwell what his boss was up to. “He’s staying on top of cleaning the spill,” Westwell told us, “but his number one priority is being Chief Executive and he’s busy in London now.” Hayward’s probably happy he “sailed away” from THIS London gathering.

 

source: http://liveshots.blogs.foxnews.com/2010/06/22/bps-hayward-london-no-show/

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Excerpts From Rolling Stone’s McChrystal Profile

As my colleague Dexter Filkins reports, “An angry President Obama summoned his top commander in Afghanistan to Washington on Tuesday after a magazine article portrayed the general and his staff as openly contemptuous of some senior members of the Obama administration.” The article that has reportedly enraged the president is “The Runaway General,” from an upcoming issue of Rolling Stone. Scanned copies of the article by Michael Hastings, a reporter who covered the war in Iraq for Newsweek and once worked for Gawker, were uploaded to the Web on Tuesday. Below are some of the more damaging excerpts. While Mr. Hastings was unlikely to have been responsible for the language the editors chose for the introduction to his article, the words that appear directly below its headline are unlikely to have gone down well in Mr. Obama’s office. The text reads: Stanley McChrystal, Obama’s top commander in Afghanistan, has seized control of the war by never taking his eye off the real enemy: The wimps in the White House. The article begins with an anecdote about General McChrystal’s complaining to an aide about having to attend a dinner with NATO Allies in Paris in April. “The dinner comes with the position, sir,” says his chief of staff, Col. Charlie Flynn. McChrystal turns sharply in his chair. “Hey, Charlie,” he asks, “does this come with the position?” McChrystal gives him the middle finger. […] “I’d rather have my ass kicked by a roomful of people than go out to this dinner,” McChrystal says. He pauses a beat. “Unfortunately,” he adds, “no one in this room could do it.” While preparing to speak at the dinner, the general reportedly joked with an aide that if he was asked about Vice President Joe Biden’s thoughts on Afghan war strategy he might say, “Who’s that?” Mr. Hastings wrote that the aide had a different idea for a one-liner: “Biden?” suggests a top adviser. “Did you say: Bite Me?” In one of the most damning passages, Mr. Hastings wrote: Even though he had voted for Obama, McChrystal and his new commander in chief failed from the outset to connect. The general first encountered Obama a week after he took office, when the president met with a dozen senior military officials in a room at the Pentagon known as the Tank. According to sources familiar with the meeting, McChrystal thought Obama looked “uncomfortable and intimidated” by the roomful of military brass. Their first one-on-one meeting took place in the Oval Office four months later, after McChrystal got the Afghanistan job, and it didn’t go much better. “It was a 10-minute photo op,” says an adviser to McChrystal. “Obama clearly didn’t know anything about him, who he was. Here’s the guy who’s going to run his [expletive] war, but he didn’t seem very engaged. The Boss was pretty disappointed.” According to Mr. Hastings, the military team around the Pentagon’s top man in Afghanistan also resents the president’s national security adviser, James Jones, his envoy to the region, Richard Holbrooke, and two senior senators who were decorated for their service in Vietnam: One aide calls Jim Jones, a retired four-star general and veteran of the Cold War, a “clown” who remains “stuck in 1985.” Politicians like McCain and Kerry, says another aide, “turn up, have a meeting with Karzai, criticize him at the airport press conference, then get back for the Sunday talk shows. Frankly, it’s not very helpful.” Only Hillary Clinton receives good reviews from McChrystal’s inner circle. “Hillary had Stan’s back during the strategic review,” says an adviser. “She said, ‘If Stan wants it, give him what he needs.’ McChrystal reserves special skepticism for Holbrooke, the official in charge of reintegrating the Taliban. “The Boss says he’s like a wounded animal,” says a member of the general’s team. “Holbrooke keeps hearing rumors that he’s going to get fired, so that makes him dangerous.” Andy Barr of Politico notes that the article was no surprise to General McChrystal: Rolling Stone’s executive editor on Tuesday said that Gen. Stanley McChrystal did not raise any objections to a new article that repeatedly quotes him criticizing the administration. Eric Bates, the magazine’s editor, said during an interview on MSNBC’s “Morning Joe” that McChrystal saw the piece prior to its publication as part of Rolling Stone’s standard fact-checking process — and that the general did not object to or dispute any of the reporting. Asked if McChrystal pushed back on the story, Bates responded: “No, absolutely not.”

 

source : http://thelede.blogs.nytimes.com/2010/06/22/excerpts-from-rolling-stones-mcchrystal-profile/

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Enna – sabato 26 giugno “Giornata per la giustizia” promossa da Fuori dal coro – associazione antimafia e antiracket

Ad Enna nel centro della Sicilia, un forte impulso per dire No a tutto ciò che è mafia ! il 26 giugno 2010 si celebra la Giornata per la giustizia” promossa da Fuori dal coro, associazione antimafia e antiracket.

L’Associazione antimafia e antiracket FUORI DAL CORO di Enna, presieduta dal giovane Sandro Immordino, promuove sabato 26 giugno la “Giornata per la Giustizia, patrocinata dal Comune di Enna e dalla Provincia Regionale di Enna.

Dodici ore per riflettere, confrontarsi, proporre, analizzando il fenomeno del racket e dell’usura e lo stato di salute dell’amministrazione giudiziaria e dell’informazione.

Un’iniziativa lodevole che vede protagonista un movimento civile proposto dai circa 50 volontari della neonata associazione antimafia e antiracket “Fuori dal Coro” che con il tradizionale “passaparola” hanno chiamato a raccolta le comunità locali, le istituzioni, i cittadini, le associazioni di promozione sociale, del lavoro e dell’impresa, gli operatori dell’informazione e la politica per dargli voce ed elaborare una proposta d’azione collettiva.

Si inizierà, alle 11,00  a Sala Cerere di Palazzo Chiaramonte, dove le associazioni aderenti alla manifestazione (circa 20) si ritroveranno per un workshop, finalizzato alla stesura di un documento propositivo, dal tema “Racket e usura: tra Procure deserte e intercettazioni proibite, verso un nuovo Far West?”

Nel pomeriggio, alle 17,00 al cinema multisala Grivi è in programma la conferenza dibattito dal tema Carenza di magistrati, processo breve, ddl intercettazioni e libertà di stampa, corruzione e clientelismo … Quale futuro?”

Tra i Relatori si segnalano: Salvatore Borsellino (Movimento Agende Rosse), Piergiorgio Morosini (Rappresentante Giunta Nazionale ANM), Alfredo Galasso (Ex membro CSM), Giovanbattista Tona (Magistrato e rappresentante ANM  (CL)), Antonio Condorelli”Giornalista di “Report”, Giuseppe Lo Bianco (Giornalista de “Il Fatto Quotidiano”), Giuseppe Di Chiara (Preside Facoltà di Giurisprudenza U.K.E.), Luigi Ronsisvalle (Vice segretario nazionale FNSI).

L’organizzazione di questa manifestazione – spiega Sandro Immordino, presidente dell’associazione Fuori dal Coro  – nasce dall’esigenza di mettere in luce le problematiche relative al mal funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, posto che, ad oggi, presso le Procure nazionali si registra una grave carenza di magistrati, nel ruolo di Procuratori. Il problema ci riguarda da vicino poiché tra le Procure più disagiate si notano anche quelle di Enna, Nicosia e Gela. La minore efficienza dei Tribunali continuasi ripercuote inevitabilmente sul diritto dei cittadini di ottenere giustizia in tempi ragionevoli e il blocco dei lavori nelle Procure creerebbe una “zona franca” dove il reo può agire indisturbato.

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