La bufala del chupacabra

Non serve essere appassionati di Voyager e Mistero per aver sentito parlare del chupacabra. Dalla sua comparsa nel 1995, la popolarità di questo moderno mostro è cresciuta tanto da collocarlo sul podio delle creature misteriose più note al pubblico, assieme a Nessie e al Bigfoot.

Ma come è nato il mito del chupacabra? La risposta è meno scontata di quanto potrebbe sembrare in apparenza. Un conto è infatti liquidare tutto ciò che è molto, ma molto, improbabile come una bufala, un altro è provare a esaminare il fenomeno con le lenti dello scetticismo scientifico e solo successivamente trarre le conclusioni.

L’unica persona al mondo che si è occupata del chupacabra usando questo rigoroso metodo, esaminando tutte le segnalazioni a partire dal 1995 in avanti, è lo scettico Benjamin Radford, e nel 2011 ha raccontato la sua avventura nel libro Tracking the chupacabraThe Vampire Beast in Fact, Fiction, and Folklore.

Le origini

El chupacabra nasce nell’isola di Puerto Rico. Una volta colonia americana, ora l’arcipelago in cui si trova costituisce un territorio associato agli Usa (Commonwealth), di cui adotta la moneta e altri regolamenti, senza però essere (ancora) un vero e proprio Stato della federazione. Nel marzo del 1995 cominciarono ad diffondersi strane voci: capre e altri animali da cortile venivano trovati morti e, apparentemente, dissanguati. Alla creatura responsabile degli attacchi venne dato il nome di “chupacabra” (succhia-capre). La prima descrizione dell’orribile bestia, e la più dettagliata, arrivò a settembre 1995. Verso metà agosto Madelyne Tolentino, casalinga della città di Canovanas, vide per la prima volta uno strano bipede con sottili arti anteriori e posteriori, dotato di grandi occhi rossi, privo di naso e orecchie, e con una cresta di spine sulla schiena. La sua storia cominciò a circolare, e grazie al pronto intervento del locale gruppo di ufologi, in settembre era pronto un vero e proprio identikit che, assieme alla storia, si diffuse capillarmente in tutta l’isola, finendo persino sulla prima pagina di uno dei quattro giornali di Puerto Rico, El Nuevo Dia.

Da quel momento gli avvistamenti successivi cominciarono, stranamente, a uniformarsi a questa dettagliatissima descrizione.

chupacabra (foto: Pubblico Dominio via Wikimedia Commons)

chupacabra (foto: Pubblico Dominio via Wikimedia Commons)

 Il chupacabra in Usa
Dopo Puerto Rico, cominciarono a circolare storie sul mitico animale in diverse parti dell’America Latina, fino a giungere anche in diversi stati americani caratterizzati da un’importante percentuale ispanica. In Texas cominciarono addirittura a spuntare delle carcasse del vampiro. Con la migrazione però, il chupacabra aveva anche cambiato forma: ora l’aspetto era quello di quadrupede glabro, o quasi, con diverse caratteristiche in comune con i cani e altri carnivori. L’unica caratteristica che rimaneva in comune con il chupacabra portoricano erano le vittime dissanguate che si diceva lasciasse dietro.

Per un qualunque esperto di fauna quelle carcasse non avevano nulla di strano: si trattava indubbiamente di canidi e, in un caso, di un procione. Tutti questi animali erano stati resi irriconoscibili ai profani dalla scabbia, una malattia causata da un acaro che, a uno stadio molto avanzato, può far perdere agli animali quasi tutti i loro peli corporei.

Tra gli individui raziocinanti (o privi di interessi economici: alcuni dei proprietari delle carcasse hanno costruito un piccolo businnes intorno al ritrovamento) l’esame del dna dei reperti e le dichiarazioni degli specialisti hanno di fatto messo fine alle speculazioni sui chupacabra americani: si trattava di normali animali il cui aspetto bizzarro poteva ingannare un allevatore, ma non certo un esperto di fauna selvatica.

1410452975_chupa

Soluzione del mistero

Cosa aveva dissanguato, allora, tutti gli animali? E come si spiega la strana creatura di Porto Rico? Per rispondere Radford doveva tornare alle origini del mito, e in particolare all’avvistamento che ha definito lo standard del chupacabra.

L’unico modo per stabilire che un animale è stato dissanguato, in tutto o in parte, è un’autopsia condotta da un esperto. Qualunque altra deduzione amatoriale, cioè l’assenza di sangue sul luogo dell’uccisione o anche l’incisione dei tessuti, non ha alcun valore. Un animale selvatico può infatti uccidere decine di animali da cortile senza lasciare dietro di sé uno spettacolo tarantiniano, perché la morte è per lo più dovuta a shock o trauma interno. Se poi, dopo diverse ore, si provasse a incidere le carni di una capra in un punto qualunque, sarebbe facile trovare tessuti esangui, ma solo perché il sangue, per gravità, si è raccolto nelle parti più basse del cadavere.

Ebbene, in nessun caso, né a Porto Rico, né altrove, nei (rarissimi) casi in cui sono state eseguite appropiate autopsie sulle presunte vittime del chupacabra, è stato riscontrato il dissanguamento. Se togliamo quindi il fondamentale particolare della mancanza di sangue dai corpi, la descrizione della scena del crimine è indistinguibile da quella di un attacco da parte un animale selvatico. E i credenti non possono pretendere di appellarsi all’esperienza degli allevatori, poiché allevare animali da reddito non rende automaticamente esperti in predazione. Radford, per esempio, sottolinea come il modo di cacciare dei coyote (una delle specie scambiate per chupacabra) può addirittura variare da individuo a individuo, ed è difficile che un allevatore possa conoscere di prima mano tutta la gamma.

Bisogna anche considerare che nel 1995 sull’isola di Porto Rico c’era un giornale in particolare che aveva preso a cuore la causa del chupacabra: si trattava del quotidiano El Vocero, un tabloid scandalistico che potremmo paragonare al nostro Cronaca Vera (o alla geniale parodia Trascendentale). Questo è il media che ha decretato la natura vampiresca della creatura, ed è più che lecito sospettare che abbia calcato la mano, riportando ogni razzia di un pollaio come un mistero insolubile.

Per quanto riguarda le fattezze del mostro, quanto è attendibile Madelyne Tolentino? Non occorre essere in malafede per sbagliarsi, e si può creare una bufala anche essendo genuinamente convinti che sia la verità. Non si tratta di pazzia o ignoranza, ma di un processo noto in psicologia come confabulazione. Eventi mai accaduti possono installarsi nelle nostre menti e diventare indistinguibili dai ricordi reali, che a loro volta sono continuamente rielaborati dalla nostra mente.

La tesi di Radford è che la creatura vista dalla Tolentino sia stata in realtà ispirata dal film di fantascienza Species (1995). Nella pellicola gli scienziati del Seti captano una trasmissione extraterrestre che contiene le istruzioni per mescolare dna alieno e dna umano. Nasce una creatura, battezzata Sil, e naturalmente ci si rende presto conto della sua natura letale.

Le sequenze iniziali del film sono proprio ambientate a Puerto Rico, perché qui si trova, infatti, il celebre radiotelescopio di Arecibo che nel 1974 ha inviato nello spazio un segnale diretto agli extraterrestri, ed è a questo che, nella finzione cinematografica, gli alieni hanno risposto con le istruzioni per creare la letale Sil.

Le caratteristiche principali dell’ibrido umano-alieno, nato dal genio di H. R. Giger (lo stesso di Alien) sono sorprendentemente simili a quelle del chupacabra di Tolentino, e anche la descrizione del modo di muoversi combacia.

1410360951_SilSpecies_005-1-600x335

La Tolentino, nel 1996, aveva anche raccontato di aver visto il film nelle settimane precedenti all’avvistamento e si diceva stupita di quanto il chupacabra somigliasse e Sil. La somiglianza è, se vogliamo, ancor più profonda se consideriamo come una delle più popolari teorie sulle origini del chupacabra, nonché proprio quella abbracciata dalla casalinga, fosse proprio quella di un esperimento di los americanos sfuggito al controllo.

Non è nemmeno la prima volta che Hollywood riesce a trasportare un mostro nella realtà, per esempio è successa la stessa cosa con Nessie: la familiare immagine di un animale col lungo collo che emerge dalle acque è stata ispirata da una scena all’interno del film King Kong (1933), e solo da lì in avanti le descrizioni dei testimoni hanno cominciato a convergere su una forma comune. In altre parole, le persone non solo tendono a vedere quello che sperano o temono di vedere, ma anche a obbedire alle norme sociali e riportare quello che gli altri si aspettano di sentire.

Come nella favola I vestiti nuovi dell’imperatore di Andersen, ci vuole uno scettico che ogni tanto gridi “Il re è nudo!“.

Articolo scritto da Stefano Dalla Casa su Wired

Questa voce è stata pubblicata in Bufale e Hoax e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.