in Turchia mobilitazione Don’t touch my Internet, digital revolution

A partire dal 2 agosto 2011, in Turkia la Information Technology Authority (ICTA) avrà il potere di imporre la censura ai provider che non si sottoporranno al nuovo regolamento.

Perchè fare questo ? Molti dicono per proteggere i bambini dalla pornografia e dai pedofili, ma molti sostengono che è soltanto un tentativo per mettere il bavaglio su internet.

Oggi 15 maggio i cittadini che hanno a cuore la libertà di informazione e la libertà di comunicarein modo libero, scenderanno in piazza.
La manifestazione per la libera espressione del pensiero tramite internet si terrà in città turche e europee (Colonia, Vienna e Amsterdam).

Il Primo Ministro conservatore Tayyip Erdogan, leader del partito islamico-moderato Akp ha dichiarato :
<<  Facebook è ”una tecnologia cattiva. Le pagine di Facebook sono ripugnanti e orrende>>.
In Turchia tutto questo significa soltanto fare un passo indietro, in tema di diritti civili e libertà di stampa.

Il principale partito di opposizione, il socialdemocratico e laico Chp, sostiene che il regolamento è invece “la dichiarazione di morte di internet in Turchia” e la stampa avversaria di Erdogan fa paralleli con le censure di Cina, Corea del Nord e Iran. Già si annunciano ricorsi fino alla Corte europea dei diritti dell’Uomo.

In Turkia c’è bisogno come nel resto del mondo di esprimersi in modo libero e democratico.  Anche quando qualcuno tenterà di imbavagliare la libera espressione del pensiero, non potranno mai nascondere i fatti. Ci saranno sempre eserciti cybernetici provenienti da tutte le nazioni del mondo,  si alzeranno al grido delle varie community hacker turche che sono  particolarmente vive e molto molto preparata, una scuola che si coltiva da anni per aggirare tutte le limitazioni e i bavagli che esistono.  Ad ogni modo coloro che credono nelle libertà di stampa e di informazione diffonderanno in ogni modo possibile, anche con con l’aiuto delle cyber community internazionali le notizie e i fatti che  ledono i diritti umani. Non potete fermare la digital revolution, la libertà di espressione è un diritto fondamentale.

Il Paese è  fa parte dei “sorvegliati speciali” di Reporters sans frontières, che accusa Ankara di essere tra i nemici di internet. I siti già bloccati, tra i cinque e i trentasettemila.

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